Regolamento  per la prima Assemblea Nazionale di Sinistra Democratica 
                            per il Socialismo  Europeo 
                              1.    La 1° Assemblea Nazionale di Sinistra  Democratica per il Socialismo Europeo è convocata per il 27-28-29 giugno 2008. 
                              2.    Compito dell’Assemblea è quello di  approvare la piattaforma politica, lo statuto definitivo del Movimento e di  eleggere i gruppi dirigenti. 
                              3.    La platea della Assemblea è costituita  da 800 rappresentanti  eletti in ragione dei voti ottenuti da La Sinistra L’Arcobaleno  alla elezione per la Camera  dei Deputati lo scorso 13 e 14 aprile, e da 1 rappresentate ogni 100 votanti  alle assemblee provinciali e di uno ogni 200 iscritti del 2007. Ad essi si  aggiungono personalità indicate dalla Presidenza non superiori al 5% della  platea nazionale. 
                              4.     Le assemblee provinciali sono  convocate dal Coordinamento  provinciale di Sinistra Democratica per il  Socialismo Europeo e sono aperte a iscritti e non iscritti al Movimento,  possono essere precedute da assemblee nei singoli comuni, nei quartieri o  territori delle città capoluogo disciplinate da regolamenti  che saranno  definiti a livello regionale. Le Assemblee provinciali esaminano il Documento  politico, approvano modifiche, integrazioni, proposte alternative. Possono,  inoltre, approvare ordini del giorno tematici e documenti locali. Le Assemblee  provinciali eleggono i delegati all’Assemblea nazionale in ragione di 1  delegato ogni 1400 voti che La   Sinistra l’Arcobaleno ha ricevuto nella provincia alle scorse  elezioni politiche per la   Camera dei Deputati, più 1 delegato ogni 100 votanti e 1 ogni  200 iscritti del 2007. Per la provincia di Roma le assemblee possono essere 4  corrispondenti alle 4 federazioni. La delegazione provinciale   all’assemblea nazionale deve essere composta per almeno il 40 per cento da  ciascun sesso. Hanno diritto al voto all’assemblea provinciale tutti i maggiori  di anni 15, che  partecipano alla discussione e si iscrivono al registro  dei partecipanti costituito da iscritti e non iscritti al Movimento pagando la  quota minima di euro 5. L’esponente del Movimento che conclude i lavori  dell’Assemblea provinciale può essere delegato all’Assemblea nazionale da  quella realtà territoriale in aggiunta ai delegati spettanti. Il Coordinamento  degli italiani all’Estero di Sinistra Democratica elegge 15 rappresentanti  all’Assemblea nazionale. 
                            5.    Nel mese successivo allo svolgimento  della Assemblea nazionale si svolgeranno assemblee regionali con le modalità e  per i fini che saranno stabiliti dallo statuto. 
                              
                            UNIRE LA   SINISTRA CHE VUOLE RINNOVARSI 
                            L’esito delle elezioni politiche  di aprile è molto grave. La partita aperta quindici anni fa, tra il  centrodestra e il centrosinistra, segnata dall’inedito ingresso di una figura  come quella di Berlusconi, è stata lungamente in bilico; si chiude ora con un  netto successo politico del centrodestra. Ma é accaduto qualcosa d’altro: è  cresciuta fortemente l’influenza della destra sull’opinione pubblica e nella  formazione del senso comune. Evento che si spiega in parte con l’intreccio,  senza eguali al mondo, tra potere politico, finanziario e mediatico, in parte  con l’abdicazione e il collasso ideologico della sinistra storica. 
                              Il voto di aprile rappresenta una sconfitta di tutto il centrosinistra. Perde  il progetto riformista del Partito Democratico, con amplissimo margine. Viene  bocciata senza appello la lista “La Sinistra-l’Arcobaleno”, che crolla al 3% facendo  così mancare in Parlamento, per la prima volta nella storia repubblicana, la  presenza di forze che si richiamino alla sinistra. Il risultato conferma che la  divisione tra una sinistra moderata, che si suppone di governo, e una sinistra  radicale, ritenuta sempre di opposizione, dà un solo esito politico: la  vittoria della destra. Dopo il ’48, non c’era mai stato in Italia, e non c’è in  Europa, un parlamento così conservatore e clericale.  
                              Tre cause prima di altre hanno  concorso a determinare questo risultato. 
                              Anzitutto la delusione per  l’esperienza del governo Prodi. L’esecutivo del centrosinistra, che ha dedicato  due anni al risanamento dei conti pubblici, è caduto nel momento di massima  impopolarità: le alte aspettative accese nel 2006 (a parte il già allora  risicatissimo risultato elettorale) hanno lasciato il campo a rapide delusioni,  tra le élites come nei ceti più popolari. Su queste delusioni la destra ha  costruito, largamente condivise dal Partito Democratico, la sua agenda e le sue  due priorità: tasse e sicurezza. 
                              Pur critici sui risultati di questa stagione di governo, crediamo che aver  deliberatamente liquidato la coalizione di centrosinistra ha messo tutti in un  vicolo cieco. Il PD ha cercato nel corso di tutta la campagna elettorale di  indicare nella “sinistra radicale” la responsabile degli insuccessi  dell'esecutivo Prodi. Un accusa paradossale da parte di chi deteneva la  stragrande maggioranza di ministri e sottosegretari. Ma non c’è dubbio che la  sinistra sia apparsa, in questo suo impegno di governo, troppo spesso rissosa e  al tempo stesso inefficace. La conseguenza è stata che siamo stati percepiti  come causa della crisi e al tempo stesso siamo stati puniti per gli esiti  deludenti dell’azione di governo. 
                              La seconda causa: la scelta del  PD non di “correre da solo” (vista l’intesa peraltro precaria con Di Pietro e  con i Radicali) ma, più chiaramente, di rompere con la sinistra, demonizzandone  le posizioni politiche in modo perfino caricaturale. I risultati del voto di  aprile rappresentano una sconfitta senza appello per la pretesa  “autosufficienza” del PD. Walter Veltroni ha condotto una campagna elettorale che  gli ha permesso di utilizzare una esposizione mediatica enormemente superiore a  quella di tutti gli altri candidati premier. Eppure i Democratici non sono  riusciti a superare la soglia, alla quale ha contribuito anche il voto  radicale, del 33%. E’ del tutto evidente che è stato sconfitto il PD ed stata  sconfitta la sua pretesa di poter rappresentare l'intero arco del  centrosinistra. 
                              Ma è stata bocciata dagli  elettori, va detto con onesta consapevolezza, anche qualunque pretesa di  autosufficienza e di isolamento da parte della sinistra. Che è apparsa, nella  proposta di "Sinistra-Arcobaleno", più come un residuo del passato  che come una speranza per il futuro: insomma, non un soggetto politico unitario  ma un cartello elettorale privo di proposta politica e di un’idea convincente  sul futuro dell’Italia. Aver accreditato la tesi della “separazione  consensuale” con il PD, ci ha impedito di chiarire le responsabilità della  rottura e di poter chiedere il voto anche al fine di riaprire una prospettiva  di centrosinistra. Alla martellante campagna sul “voto utile” abbiamo risposto  dando noi per primi l’immagine di una forza non necessaria né per il governo né  per l’opposizione. Superflui, appunto. 
                              Il voto conferma invece che  senza una sinistra popolare, innovativa e capace di una cultura di governo, una  parte del Paese rimane senza rappresentanza e le forze progressiste sono  destinate alla sconfitta. Dobbiamo ripartire da qui, da questa consapevolezza,  da una rilettura anche spietata del nostro modo di costruire politica. 
                              La fotografia sociale  dell’Italia, anche dopo due anni di governo Prodi, è quella di un paese  fortemente frammentato e diseguale. I salari sono tra i più bassi d’Europa; le  morti “bianche” tra le più alte. L’Italia è un paese che invecchia rapidamente  senza poter contare su un nuovo patto generazionale solidale tra giovani e  anziani. Siamo al 32° posto nelle graduatorie europee per la ricerca  scientifica ma al settimo posto per le spese militari. Il tasso di istruzione è  tra i più bassi d’Europa e la dispersione scolastica tra le più alte Un paese  ostile alla libertà femminile, incapace di valorizzare la differenza sessuale,  in cui si aggrava la violenza contro le donne. Un paese che non riconosce il  valore sociale della maternità, nega alle donne accesso al lavoro, parità  salariale, rappresentanza nelle istituzioni e nella società. 
                              Un paese attraversato da una domanda di sicurezza totalmente inedita perchè  mescola in una miscela esplosiva fragilità sociale, paura del diverso,  precarietà del lavoro e incertezza per il futuro, nuove contraddizioni nate dai  flussi migratori alimentati dalla povertà del sud del mondo e dell’est  dell’Europa in una globalizzazione non governata dalla politica. 
                              Un paese ambientalmente insostenibile che deve ancora misurarsi sulla sfida per  le energie rinnovabili, sui trasporti su ferro e sulle autostrade del mare,  sulla salvaguardia del territorio agricolo dalle pesanti speculazioni. Un paese  che deve ancora imparare a salvaguardare le coste per un turismo di qualità e  la qualità urbana perché nelle grandi periferie la vita è sempre più dura. Nè  ci convince lo slogan della crescita indistinta e della semplice ripresa dei  consumi. Una sinistra nuova deve avere la capacità di dire quali sono i settori  economici che devono crescere,quali sono i consumi che devono e possono  aumentare e a favore di chi, e quali invece devono essere temperati e regolati. 
                              Di fronte la drammatico esito  delle elezioni politiche e agli immani compiti che ci attendono, pensare che il  rimedio alla nostra sconfitta risieda nel ritorno alla frammentazione e alle  certezze identitarie è non solo sbagliato in sé ma del tutto illusorio. Il voto  ha bocciato il mero “patto federativo” tra forze politiche distinte e non  comunicanti tra loro. E’ uno schema ormai non più riproponibile.   
                              C’è bisogno di un salto in  avanti, non di un ritorno indietro rispetto alla precaria formula  dell’Arcobaleno. La sinistra ha, di fronte a se, una sola e importante  possibilità di ripresa: quella di avviare subito la fase costituente di un  nuovo soggetto politico che sia fondata sulla partecipazione e sul protagonismo  di migliaia di donne e di uomini, iscritti e non iscritti ai partiti politici.  Una Costituente di sinistra che sappia essere anche il cantiere di una  innovazione politica e culturale, e che veda impegnate con generosità e  passione quelle forze politiche che credono senza riserve in questo progetto.  Non si deve ripetere l‘errore di ritenere che a sinistra si debba per forza  stare tutti insieme, a prescindere dalle vocazione, dalle volontà, dalle  categorie interpretative che si mettono in campo. Il carattere “plurale” del  nuovo soggetto politico non può più significare la somma di apparati ma  dev'essere lo scambio e la valorizzazione di culture che attraversano tutta la  sinistra, in ciascuna delle sue attuali componenti: la cultura del lavoro,  della qualità e della sostenibilità dello sviluppo, il pacifismo, l'esperienza  femminista, quella dei diritti e delle libertà civili. 
                              C’è già, tra i vecchi promotori  dell’Arcobaleno, chi ha scelto un’altra strada, quella di una “Costituente dei  comunisti”, scelta che rispettiamo ma non è certo la nostra: è un progetto  arretrato e del tutto improduttivo. Esiste un’altra sinistra che vuole riaprire  la possibilità di un’alternativa di governo al centrodestra a partire da un  ripensamento radicale dell'esperienza dell'Unione. Quella formula, assemblaggio  di tutte le forze che in quel momento intendevano contrapporsi alla destra, non  è più riproponibile. Al paese serve un centrosinistra nuovo, coeso e  determinato attorno ad un programma di cambiamento sociale. 
                              Al tempo stesso,come rivelano la  tiepidezza del dibattito politico alle Camere, occorre che la sinistra torni  subito a fare opposizione e a rappresentarne le ragioni nella società, nei  luoghi della politica, nel paese reale. Perché si possa riaprire una nuova  prospettiva di alternativa alla destra, Sinistra Democratica su questo terreno  vuole impegnarsi subito, prescindendo dagli esiti del dibattito interno al PD.  Dipende da noi, dalla capacità della sinistra di essere, per sua forza, per il  consenso che raccoglie e per la qualità delle sue opzioni ideali e  programmatiche, un soggetto politico dal quale nessuno possa prescindere. 
                              Ci spetta anche una funzione di  presidio politico dell’opposizione, con le forme che sapremo trovare. Una  funzione tanto più urgente quanto più sbiadita appare oggi l’opposizione  parlamentare del Partito Democratico rispetto alle prime scelte di  inequivocabile segno politico del governo Berlusconi (dal decreto sicurezza allo  sprezzante isolamento europeo in tema di politiche per l’immigrazione)  
                              Sinistra Democratica conferma la  sua missione originaria: contribuire alla nascita di una nuova sinistra in  Italia. Il nostro asse di riferimento politico resta il socialismo europeo ma é  fondamentale costruire un progetto che riveda e superi la logica delle  appartenenze tradizionali e che unisca mondi, culture, linguaggi capaci di  ritrovarsi insieme dentro una comune idea di sinistra. Sappiamo quanto sia  importante, a questo fine, l’esito dei congressi dei Verdi e di Rifondazione  Comunista. Guardiamo al loro dibattito con grande rispetto e molte aspettative,  così come guardiamo con grande attenzione il dibattito che attraversa il mondo  laico e socialista. Ma le prossime settimane vogliamo che siano spese non  nell’attesa dei congressi altrui ma con una forte ed immediata iniziativa  politica. Il percorso democratico che abbiamo scelto e che ci porterà  all’Assemblea Nazionale del 27, 28 e 29 giugno servirà a una nuova  legittimazione, più aperta e più democratica, del nostro movimento e dei suoi  organismi dirigenti, ma sarà indispensabile soprattutto per proiettare  all'esterno il senso e la sfida della nostra proposta. 
                              Dovremo essere capaci di aprire una forte iniziativa nella società: convocare  ovunque assemblee pubbliche aperte a tutti i cittadini, moltiplicare il numero  delle “case della sinistra”, partecipare a tutte le iniziative “per la Costituente” promosse  da associazioni e movimenti politici, come quella che si è svolta a Firenze e  le altre che sono in programma in diverse città italiane. Sarà nostro compito  costruire una agenda di opposizione al governo Berlusconi: se non dai banchi  del Parlamento, bisogna riprendere la parola subito, nelle forme e nei luoghi  che avremo a disposizione, per intervenire nella discussione politica, assumere  posizioni chiare e farle vivere nella società. 
                              Questa legislatura è stata  dichiarata dai vincitori “Costituente”: Il Partito Democratico ha subito  aderito, con una larga e incondizionata (per quanto non unanime) apertura al  dialogo e alla collaborazione. Su quali basi? Su quali condivise ipotesi di  riforma? Se è vero che è avanzata a lunghi passi nella politica italiana  l’estrema personalizzazione, il populismo e lo spirito del plebiscito, resta inaccettabile  una trasformazione presidenzialistica e autoritaria della Costituzione  repubblicana. Restano perciò valide le motivazioni che due anni fa hanno  portato alla promozione di un referendum abrogativo della riforma  costituzionale del centrodestra. Quel referendum ha vinto e oggi bisogna  tornare a rivolgersi a tutti i cittadini che si impegnarono, aderendo  all’appello dell’intero centrosinistra di allora. La nostra battaglia di  opposizione dovrà riprendere dai temi della pace, delle libertà civili, dell’ambiente  e dei diritti di chi lavora,  oggi già esplicitamente minacciati dal nuovo  governo delle destre. 
                              Certo, nei prossimi anni ci  aspetta una serie di nuove prove elettorali. Il rinnovo del Parlamento europeo  è la scadenza più ravvicinata e quindi la più impegnativa: dopo la disfatta  dell’aprile scorso la sinistra deve dare un segnale di ripresa e di presenza  forte in tutto il Paese. E' assolutamente indispensabile che per quella  data  il nuovo soggetto della sinistra sia nelle condizioni di presentarsi  agli elettori con il suo volto autonomo per chiedere loro fiducia e consenso  necessari: un soggetto politico che si presenti con l’ambizione di parlare a  tutte le forze di sinistra del nostro continente. 
                              Per le elezioni amministrative e regionali va subito decisamente respinta  l’ipotesi, formulata in seno al Partito Democratico, di alleanze à la carte, a  seconda delle situazioni e delle esigenze dei territori: o c’è una esplicita  alleanza con la sinistra, o nessuna alleanza, con le conseguenze inevitabili. 
                              Noi crediamo che la sinistra sia  viva nella società, nella cultura, nei valori in cui credono tanti uomini e  tante donne di questo Paese. Questa parte dell’Italia ha bisogno di una  coerente rappresentanza politica. Sinistra Democratica resta al servizio di  questo progetto. Ci attende un periodo non breve di ricostruzione. Un lavoro  difficile e appassionate di ricognizione sociale, di radicamento popolare, di  ripensamento del progetto e della presenza della sinistra nel territorio e nei  luoghi di lavoro. La sinistra che serve è una sinistra popolare, forte di una  autonoma cultura critica, che porta il radicalismo dei contenuti in una  prospettiva di governo. Che si pone il problema del rapporto con il PD, sapendo  tenere insieme il conflitto politico e programmatico e la il progetto di un  nuovo centrosinistra. E' una sinistra che solo in parte oggi ritroviamo nei  suoi storici partiti di riferimento ma che nel paese è vasta e diffusa, ed ha  saputo mostrarsi molte volte, con una capacità di aggregazione, di battaglia  politica e di testimonianza civile altissime. 
                              Serve una sinistra che è tale  perché sceglie di materializzare sulla scena politica il lavoro e le sue  trasformazioni dandogli rappresentanza, e che per questo sa costruire un  rapporto nuovo con il sindacato che il lavoro rappresenta socialmente: un  rapporto di reciproca autonomia, né competitivo né di estraneità e meno che mai  di autosufficienza. 
                            Ci rivolgiamo alle donne e agli  uomini di sinistra, e a tutte le forze – politiche, culturali, associative, di  movimento - che vogliono impegnarsi in questa sfida per una nuova sinistra.  Disposta a misurarsi con la sfida del cambiamento. Donne e uomini che vogliono  riaprire un cantiere politico, che non cercano il rifugio di vecchie trincee in  cui sopravvivere a una battaglia persa. Questa sfida comporta spirito unitario  e volontà di rinnovamento. Cioè un progetto politico e un processo Costituente:  Sinistra Democratica farà la propria parte.                                | 
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